La Costituzione della Repubblica Italiana, a fondamento del nostro ordinamento giuridico, tutela allo stesso tempo e con pari valore il diritto spettante a tutti i cittadini di professare liberamente la propria fede religiosa (articoli 8 e 19) ed il diritto dei genitori di poter decidere di comune accordo i principi ed i criteri educativi da adottare nei confronti dei propri figli (articolo 30), precisando che qualora i genitori non siano in grado di svolgere tale ruolo o rischino di compromettere la salute psico-fisica dei propri figli è compito dell’ordinamento giuridico intervenire a tutela dei minori, imponendo a questi ultimi di adottare atteggiamenti educativi differenti e, se necessario, limitandone la responsabilità genitoriale.
In quest’ottica si è espressa recentemente la Corte di Cassazione (Cassazione Civile, sez. I, ordinanza n. 21916 del 30/08/2019) affermando che, in tema di affidamento dei figli in costanza di procedure di separazione e divorzio od a seguito di convivenze, è possibile ed opportuno che il Giudice adotti provvedimenti contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà dei genitori con riferimento alla loro libertà religiosa, limitando con ciò l’esercizio del loro ruolo educativo, qualora essi imprimano alla propria prole un indirizzo educativo che possa comportare conseguenze pregiudizievoli per i figli, con il connesso rischio di comprometterne la salute psico-fisica e lo sviluppo. In tali casi, è onere del Giudice che si avveda di tale pericolo osservare gli atteggiamenti ed i comportamenti del minore, nel caso anche avvalendosi di esperti quali psicologi e psicoterapeuti, nonché ascoltare il minore stesso al fine di individuare quale limitazione al ruolo educativo dei genitori può essere maggiormente utile a salvaguardarne la salute psico-fisica.
Così pronunciandosi, la Corte di Cassazione ha inteso dirimere una questione piuttosto controversa, ovvero la conflittualità tra genitori che emerge successivamente ad una separazione o ad un divorzio circa la scelta della religione da professare ed insegnare ai propri figli.
Nel caso di specie, in costanza di matrimonio i genitori battezzavano il proprio figlio secondo il rito cattolico e, nel corso della procedura di separazione, emergeva tra di essi una conflittualità circa il proprio ed individuale credo religioso, in quanto la madre si convertiva alla religione geovista ed iniziava a frequentare assiduamente il Tempio dei Testimoni di Geova, con ciò volendo peraltro portare con sé ed insegnare al proprio figlio i principi di tale religione. A fronte della conversione della ex moglie, il padre si opponeva sostenendo che l’insegnamento di due differenti religioni avrebbe confuso il figlio e che, essendo già stato battezzato, egli avrebbe dovuto continuare il percorso educativo cattolico sino alla celebrazione del sacramento della Cresima, potendo poi in seguito scegliere autonomamente quale religione professare. Con sentenza di separazione il Tribunale si pronunciava a favore del padre, affidando a quest’ultimo il compito di accompagnare il minore nel suo percorso religioso ed impedendo alla signora di far frequentare al bambino i luoghi del culto geovista.
Con ricorso dinanzi alla Corte d’Appello, la madre sosteneva che tale sentenza doveva ritenersi lesiva dei diritti di libertà religiosa sanciti non soltanto in Costituzione ma altresì nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e che la frequentazione dei luoghi di culto e l’insegnamento della religione geovista non implicavano alcun potenziale danno alla salute psico-fisica del proprio figlio. Anche in tale sede, i Giudici si esprimevano a favore della posizione paterna, precisando ulteriormente che, sebbene la Repubblica Italiana abbia sancito il principio di laicità in Costituzione, è evidente ed incontrovertibile che il culto cattolico è ancora ad oggi la religione principale di riferimento e che la professione di tale fede religiosa è non soltanto individuale ma anche collettiva, in quanto le strutture sociali ad esse connesse sono numerose sul territorio e favoriscono l’integrazione all’interno della propria comunità.
In conseguenza, la madre proponeva ricorso in Cassazione sostenendo nuovamente la lesione dei propri diritti individuali, per quanto concerne la professione di una fede religiosa, nonché la lesione dei propri diritti di genitore in quanto impossibilitata a trasmettere i propri valori educativi. La Corte, dunque, anche in conseguenza della requisitoria del Procuratore Generale, ha affermato che il Tribunale, prima, e la Corte d’Appello, poi, sono incorse “in una falsa applicazione dei richiamati principi di eguaglianza e di libertà religiosa, dando rilievo preminente alla originaria scelta di entrambi i genitori di battezzare il proprio figlio. Invero la libertà di religione, quale diritto inviolabile dell’uomo, implica anche la piena libertà di mutare le proprie credenze, senza che pregresse determinazioni o convinzioni possano costituire un pregiudizio o un limite all’esercizio di tale libertà”.
Inoltre, a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 154 del 2013, in caso di conflitto educativo tra i genitori il Giudice che è chiamato ad intervenire ai sensi dell’articolo 337 ter Codice Civile deve disporre l’ascolto del minore dodicenne o anche di età inferiore qualora egli si dimostri capace di discernimento e, all’esito di tale ascolto, prendendo atto di quali sono le volontà dello stesso minore, adottare i provvedimenti più consoni alla tutela della sua integrità psico-fisica ed al mantenimento di un adeguato rapporto affettivo ed educativo con i genitori. Infatti, l’ascolto “costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del diritto fondamentale del minore ad essere informato ed esprimere la propria opinione e le proprie opzioni nei procedimenti che lo riguardano, costituendo tale peculiare forma di partecipazione del minore alle decisioni che lo investono uno degli strumenti di maggiore incisività al fine del conseguimento dell’interesse del medesimo”.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha rilevato come la Corte d’Appello non abbia disposto l’ascolto del bambino, che pur aveva dimostrato sufficiente discernimento, ed abbia operato una valutazione meramente astratta della potenziale dannosità alla sua salute psico-fisica derivante dalla frequentazione di luoghi di culto propri della religione geovista, con ciò precisando che “la possibilità di adottare simili provvedimenti restrittivi, in presenza di una situazione di conflitto fra i due genitori che intendano entrambi trasmettere la propria educazione religiosa e non siano in grado di rendere compatibile il diverso apporto educativo derivante dall’adesione a un diverso credo religioso, non può essere disposta dal giudice sulla base di una astratta valutazione delle religioni cui aderiscono i genitori e che esprima un giudizio di valore precluso all’autorità giudiziaria dal rilievo costituzionale e convenzionale Europeo del principio di libertà religiosa”. Né tale astratta valutazione può essere operata sulla base di una successiva adesione di uno dei genitori ad un diverso culto religioso, poiché il mero fatto che i principi di una religione vengano insegnati al proprio figlio come culto comune della famiglia non implica a priori l’impossibilità che ciascuno dei genitori possa successivamente aderire ad una diversa religione, con ciò altrimenti rimanendo il diritto “insensibile alle scelte di vita in divenire dei genitori. Ne deriva che la possibilità da parte del giudice di adottare provvedimenti contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà dei genitori in tema di libertà religiosa e di esercizio del ruolo educativo è strettamente connessa e può dipendere esclusivamente dall’accertamento in concreto di conseguenze pregiudizievoli per il figlio che ne compromettano la salute psico-fisica e lo sviluppo e tale accertamento non può che basarsi sull’osservazione e sull’ascolto del minore in quanto solo attraverso di esse tale accertamento può essere compiuto”.