Fondo patrimoniale e legittimazione ad agire del minore divenuto maggiorenne

Di recente, con Ordinanza n. 22069/2019, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla validità di una clausola derogatoria dell’art. 169 c.c., inserita nell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale, in virtù della quale, nonostante la presenza di un figlio minore beneficiario, si conveniva l’esclusione della preventiva autorizzazione del giudice tutelare al compimento degli atti di straordinaria amministrazione.

Di conseguenza, si è posta la questione del riconoscimento di una legittimazione attiva del minore (divenuto maggiorenne prima dell’introduzione del terzo grado di giudizio) a far valere un interesse giuridicamente qualificato in relazione a tali atti.

Ciò premesso, è utile ricostruire i termini della vicenda così come rappresentati dalla Suprema Corte.

Una coppia di genitori, all’atto di costituzione di un fondo patrimoniale, pattuiva una clausola in deroga al disposto di cui all’art. 169 c.c., in virtù della quale i beni del fondo potevano essere “alienati, ipotecati e dati in pegno o comunque vincolati con il solo consenso di entrambi i coniugi, senza necessità di alcuna autorizzazione giudiziale”.

In epoca successiva alla formazione del patrimonio destinato, i coniugi stipulavano un contratto di mutuo con una banca concedendo in garanzia ipotecaria i beni vincolati, senza richiedere l’autorizzazione del giudice tutelare (prevista ex lege, data l’esistenza di un figlio minore beneficiario).

Ciò posto, il minore, rappresentato dai genitori, conveniva in giudizio l’istituto di credito chiedendo l’accertamento dell’invalidità della garanzia ipotecaria e di conseguenza della clausola derogatoria inserita nell’atto di costituzione del fondo patrimoniale.

In primo grado, il Tribunale riteneva inammissibile la citazione nei confronti della banca, affermando che si sarebbe dovuto procedere nei confronti dei genitori “previa autorizzazione del Giudice Tutelare e nomina di un curatore speciale”.

In grado di appello, la Corte confermava la decisione del giudice di prime cure discostandosi in punto di motivazione. In particolare, si riconosceva la legittimazione del minore a “dedurre l’invalidità degli atti di disposizione del fondo patrimoniale”, in quanto titolare di una “posizione giuridicamente tutelata”, e, dunque, ad agire in via principale nei confronti della banca.
In via incidentale, si riteneva legittima la clausola pattuita dai genitori affermando che l’art. 169, comma 1, c.c. va interpretato nel senso che “il legislatore ha riservato alla volontà dei costituenti la facoltà di limitare il potere dispositivo sui beni del fondo”.

In sede di legittimità, la Corte rigettava il ricorso presentato dal figlio, divenuto maggiorenne, per le considerazioni che seguono.

In particolare, dall’analisi dell’apparato normativo posto a tutela della posizione dei figli quali beneficiari del fondo patrimoniale – con particolare riferimento agli artt. 169, comma 1, in tema di atti di straordinaria amministrazione e 171 c.c., in tema di cessazione ex lege del fondo – la Suprema Corte desumeva il riconoscimento da parte del legislatore di un interesse qualificato in capo al figlio, legittimato a farlo valere in giudizio.

Tali considerazioni muovevano, altresì, dalla ratio ispiratrice del fondo patrimoniale da intendersi quale complesso di beni costituito per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, di cui i figli beneficiano indipendentemente dal raggiungimento della maggiore età, come nel caso di specie.

Il limite di età, fissato dal legislatore al compimento del diciottesimo anno, da interpretarsi nel senso di “autonomia economica” in taluni specifici casi – ad esempio si richiamano le norme relative alla responsabilità genitoriale ex art. 315 e ss c.c.; agli alimenti ex art 433 c.c. e al fondo patrimoniale ex artt. 169 e 171 c.c. – costituisce requisito di validità per l’acquisto della capacità di agire ex art. 2 c.c., ossia di esercitare personalmente i diritti e di adempiere gli obblighi facenti capo alla sfera giuridica del titolare.
Prima di tale momento, il minore é legittimato ad agire a tutela dei propri diritti per mezzo di chi ne ha la rappresentanza legale (gli esercenti la potestà genitoriale, tutore legale o curatore speciale).

Ciò posto, la Corte affermava il principio secondo il quale “ i figli, quali beneficiari del fondo patrimoniale sono legittimati ad agire in giudizio in relazione agli atti dispositivi eccedenti l’ordinaria amministrazione che incidano sulla destinazione dei beni del fondo”.

In relazione all’esame della questione relativa alla validità della clausola controversa, la Suprema Corte riteneva la stessa conforme al modello normativo di riferimento di cui all’art. 169 c.c.., affermando che “la preventiva autorizzazione del giudice alla alienzione di beni del fondo si renda applicabile solo in mancanza di deroga prevista nell’atto di costituzione del fondo patrimoniale (in questi sensi, Cass. n. 13622 del 4/6/2010)”.