ELEVATA CONFLITTUALITA’ TRA CONIUGI: IL GIUDICE DEL MERITO PUO’ IMPORRE UN PERCORSO DI SUPPORTO ALLA GENITORIALITA’

Con la recente ordinanza n. 11842/2019 la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del provvedimento del Giudice di merito (nella specie del Tribunale di Trieste) che avendo ravvisato una conflittualità estremamente elevata tra i coniugi aveva imposto l’avvio di un percorso terapeutico di supporto alla genitorialità e ciò a tutela del superiore interesse della figlia minore della coppia.

La vicenda ha preso le mosse da un giudizio di separazione giudiziale avanti il Tribunale di Trieste.

La sentenza che definiva il giudizio aveva disposto l’affidamento della figlia minore ad entrambi i coniugi separati ma, essendo stata provata in giudizio una conflittualità molto elevata tra i coniugi, aveva  imposto loro l’obbligo di seguire un percorso di supporto alla genitorialità e di sostegno per la minore presso il consultorio familiare competente, aveva anche disposto che il nucleo familiare venisse monitorato dai Servizi Sociali.

La pronuncia di primo grado veniva impugnata dalla madre della minore ma la Corte d’Appello rigettava il gravame.

La Corte di Cassazione, investita della decisione, confermava il disposto del Giudice d’Appello.

Tra i motivi del ricorso in Cassazione vi era quello secondo il quale la Corte d’Appello avrebbe “condizionato” le parti ad effettuare un percorso psicoterapeutico di coppia provocando una lesione del loro diritto di autodeterminazione.

La Suprema Corte ha ritenuto manifestamente infondato tale motivo di ricorso e si è così espressa: “La Corte del merito si è limitata a ritenere opportuno che i genitori provvedano ad una mediazione familiare, per superare le difficoltà riscontrate, disponendo che «il consultorio prenda in carico il nucleo familiare e predisponga un percorso di sostegno psicologico della minore e di supporto alla genitorialità di entrambe le parti» e ciò a tutela del pieno interesse della minore, che è lo specifico compito affidato al giudice in simili situazioni”.

La Suprema Corte prosegue e argomenta richiamando il proprio costante orientamento in materia di provvedimenti riguardo ai figli (ex art. 155 cc) secondo cui al Giudice è concesso fissare le modalità della presenza dei minori presso ciascun genitore e adottare ogni altro provvedimento a essi relativo attenendosi al criterio fondamentale costituito dal superiore interesse della prole.

L’interesse del minore, prosegue la Suprema Corte, “assume rilievo sistematico centrale nell’ordinamento dei rapporti di filiazione, fondato sull’art. 30 della Costituzione” e giustifica conseguentemente una parziale limitazione anche del diritto alla autodeterminazione dei genitori qualora la conflittualità tra di loro possa determinare conseguenze pregiudizievoli per la prole.

Si tratta del resto di una linea interpretativa pienamente conforme all’intento del legislatore di porre quale punto focale della disciplina in materia appunto l’interesse prevalente del minore.

Anche la legislazione in materia di adozione, ricorda la Suprema Corte “autorizza prescrizioni penetranti ai «genitori ed ai parenti», per assicurare l’assistenza al minore, proprio quale c.d. sostegno alla genitorialità, al fine di rimediare alle situazioni di probabile abbandono ed anzi superare le medesime: ciò palesando la piena compatibilità di tali disposizioni con il rispetto dell’altrui diritto soggettivo genitoriale, in questa materia subordinato al preminente interesse del minore”.

Tra i precedenti giurisprudenziali richiamati dal Supremo Collegio vi è la sentenza 12954/2018 con la quale, sempre a tutela dell’interesse supremo di una minore, era stato vietato al padre di condurla con sé alle celebrazioni della fede religiosa cui aderiva.

Anche un diritto fondamentale qual è quello all’espressione di una fede religiosa dunque può cedere di fronte a quello della crescita serena dei figli.

Da un punto di vista processuale nel caso di specie la conflittualità tra i genitori era emersa dalle risultanze di causa e la Corte d’Appello aveva congruamente motivato anche su quanto potesse porre a rischio la serenità della minore arrecandole danno.

Nel bilanciare i due interessi quindi non può che prevalere quello della minore e giustificarsi una parziale limitazione di quelli dei genitori.